Nasce il Presidio Slow Food degli “Antichi meloni reggiani”

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Reggio Emilia è famosa per alcune sue “perle” gastronomiche, dal Parmigiano Reggiano all’Aceto Balsamico Tradizionale, fino all’Anguria Reggiana IGP. Il nostro territorio nasconde però alcuni altri piccoli “gioielli” dell’agricoltura, che erano scivolati nell’oblio ma che oggi meritano di essere riscoperti, dai reggiani innanzitutto, ma anche da una platea di consumatori più vasta.

Per questo motivo è stato creato il Presidio Slow Food degli “Antichi meloni reggiani”.

La coltivazione del melone ha una lunga tradizione nel reggiano, specialmente nella zona tra Novellara, Santa Vittoria, Guastalla e Brescello. I meloni tradizionali reggiani, a partire dal secondo dopoguerra, vennero progressivamente abbandonate, in favore di varietà più produttive, dal gusto più dolce e dalle caratteristiche standardizzate. Ciò ha coinciso con l’affermarsi di un’agricoltura industrializzata, che in ogni provincia del Belpaese ha provocato l’abbandono delle su razze e varietà locali. Da noi un esempio arcinoto è la vacca rossa reggiana, che rischiò di estinguersi e che negli ultimi decenni è stata rilanciata, grazie alla qualità del suo latte. Ma si potrebbero aggiungere alla lista il pom campanein, la pera nobile, la prugna zucchella, il frumento Poulard di Ciano e la zucca cappello da prete.

Ora è il turno dei nostri antichi meloni, che diventano un Presidio Slow Food andando ad unirsi ad altri 324 prodotti agricoli di eccellenza e a rischio di estinzione sparsi sul territorio nazionale, prodotti che vengono certificati e promossi dall’associazione internazionale fondata da Carlo Petrini e dalla sua Fondazione per la Biodiversità (https://www.fondazioneslowfood.com/it/cosa-facciamo/i-presidi/).

Il Presidio risulta essere l’unico esistente in Provincia di Reggio Emilia ed è stato sostenuto dal MIPAAF e dall’Istituto Bancario Emil Banca Credito Cooperativo. Tra le varie proposte relative alla nostra regione e avanzate nel 2019, i nostri meloni sono stati l’unico Presidio scelto dal Ministero dell’Agricoltura per il suo sostegno finanziario.

Ma di che meloni stiamo parlando? Di varietà che non si trovano più dei negozi e che in pochi ormai ricordano. Su questi frutti dimenticati alcuni piccoli agricoltori hanno deciso di credere e dal prossimo anno i reggiani potranno trovarli nei mercati contadini e in alcuni spacci aziendali e, credeteci, vale la pena di assaggiarli. Iniziamo dal melone Rospa, che ha il pedigree più nobile: di aspetto simile ad una zucca, deve il suo nome alla superficie verrucosa; esso compare in diversi dipinti italiani del ‘600, e venne descritto dall’agronomo reggiano Filippo Re nel 1811. Il suo gusto è molto particolare, non molto dolce, sapido e leggermente piccante, molto diverso rispetto ai meloni di oggi. Sulla stessa falsariga gustativa è il melone Ramparino, citato in una pubblicazione del 1915 custodita alla Biblioteca Panizzi, che è un piccolo melone retato, ma dalla polpa verde.

Molto dolci e profumati, a polpa bianca e tenera, risultano invece i due meloni Banana: quello di Santa Vittoria, un ecotipo locale di una varietà che era diffusa in tutto il nord Italia, e quello di Lentigione. Quest’ultimo è il più misterioso di tutti: a inizio ‘900 era diffuso in un areale molto ristretto, tra Brescello e Sorbolo parmense, e non somiglia a nessun altro melone presente anche in passato nel nostro Paese. Si ipotizza che sia arrivato dalla Libia per mano di qualche soldato di ritorno dalla colonia italiana, giacché ci sono memorie di un melone chiamato Tripolino. Sta di fatto che da molti è ritenuto il più squisito tra gli antichi meloni reggiani, ma come tutte le cose preziose è molto esigente: va raccolto a giusta maturazione e consumato nell’arco di pochi giorni.

Se questi antichi meloni possono oggi tornare sulle tavole dei reggiani, dobbiamo ringraziare gli insegnanti del locale istituto agrario, l’Istituto di Istruzione Superiore A. Zanelli di Reggio Emilia, che una ventina d’anni fa ricercarono queste varietà perdute, le adottarono coltivandole ogni anno e riproducendo i semi in purezza. L’Istituto cittadino ha anche allestito una banca del Germoplasma delle varietà agricole locali e registrato queste varietà nel repertorio previsto dalla Legge Regionale 1/2008 relativa alla “Tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario del territorio emiliano-romagnolo” e successivamente nel “Registro nazionale delle varietà di specie ortive prive di valore intrinseco e sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari”.

 

Il responsabile del Presidio è il Prof. Mirco Marconi, mentre il responsabile dei produttori del Presidio è il Prof. Daniele Galli. Entrambi insegnati all’Istituto Zanelli.

Gli agricoltori reggiani che al momento hanno aderito al disciplinare di produzione del Presidio e che produrranno i meloni nella prossima annata agraria sono: l’azienda agricola Camurein di Calerno, l’az. agr. La Lucerna di Campegnine, l’az. agr. Casa vecchia di Prato di Correggio, l’az. agr. L’orto di Lucia di Albinea, l’az. agr. Terra y Anima di Campagnola Emilia e infine la Coop sociale ed agricola “La buona terra” di Rivalta. Tutte queste aziende sono dedite all’agricoltura biologica. Insieme a loro i meloni saranno prodotti e venduti dall’azienda agricola annessa all’Istituto Zanelli e saranno anche prodotti nell’orto a servizio del Ristorante Badessa di San Donnino di Liguria (RE), dove entreranno nel menù estivo.

 

Abbiamo quindi occasione e motivo di augurare “lunga vita ai ritrovati antichi meloni reggiani”!

Nasce il Presidio Slow Food degli “Antichi meloni reggiani”ultima modifica: 2020-08-26T18:32:41+02:00da slowfoodreggio
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